Giorno 23 Marzo 2013 nell'aula magna del I.I.S.S. Sebastiano Mottura di Caltanissetta è stato presentato il nuovo romanzo
di Nino Lacagnina dal titolo "Realtà onirica a Qalat An-Nisa e sogni di vita reale nelle zolfare"con la seguente Prefazione del Prof. Salvatore Farina
Caro lettore,
il libro che ti accingi a
leggere è particolare, molto particolare. Non è un romanzo, anche se è ricco di
trame e di personaggi. Non è una raccolta di racconti, anche se contiene
capitoli che narrano delle storie complete. Non è un libro di poesie, anche se
le pagine più emozionanti sono scritte in versi. Non è, infine, un libro di illustrazioni anche se quando le
parole non riusciranno ad esprimere il significato profondo che l’autore voleva
comunicarti, ecco comparirti come d’incanto delle immagini. Questa
originalissima sintesi creativa che tieni tra le mani è il frutto maturo del
maestro Nino Lacagnina. Nella presente opera, l’eclettico artista nisseno ha
deciso di sfidare se stesso e tutta la sua straordinaria capacità comunicativa
affrontando uno dei temi più misteriosi e più affascinanti della vita: il
sogno. Oltrepassando il confine della realtà fenomenica e varcando la soglia
della dimensione onirica, Nino Lacagnina ha spalancato gli occhi e il cuore al
di là dello spazio e del tempo e ha ascoltato - a tutto volume! - l’eco delle muse proveniente direttamente dal
Parnaso. Il primo sogno “Vita onirica a Qalat An –Nisa” si svolge nel Medioevo
siciliano durante lo scontro tra gli Arabi e i Normanni. Protagonisti a
sorpresa sono Fragalà e Lord Alfred: la
bellissima primogenita del Kadì Omar Ghadi e un eroico capitano delle truppe
normanne. E’ favolosa – nel senso più letterale del termine – l’idea che ha
avuto Lacagnina di raccontare questo famoso evento storico attraverso la
struggente ed avventurosa storia d’amore di due personaggi appartenenti a
fronti opposti. E’molto bello il passo in cui è descritta la conversione del
mercenario normanno alla causa giusta contro il tiranno Mustafà Al-Muk: “… A quelle parole restai perplesso,
turbato, pensai ai miei ultimi anni impegnato in lotte ora al servizio di uno e
l’indomani al servizio di un altro magari contro il primo. Una vita spesa senza
ideali e onore! E poi, la causa di Fragalà è degna di rispetto; ella combatte
per la sua libertà, per riscattare l’onore della sua famiglia e liberare una
città dalla tirannide”. Il sogno a Qalat An-Nisa raggiunge il massimo del
coinvolgimento quando Lacagnina si lascia andare nella narrazione quasi filmica
delle scene di combattimento ambientate a ridosso del castello: sono
fotogrammi, visioni oniriche che infiammano l’immaginazione del lettore. E poi,
essendo nato a Tripoli e avendo coltivato per tutta la vita un amore viscerale
per il mondo e la cultura araba, l’autore attinge direttamente al proprio bagaglio
di conoscenze per descrivere magistralmente i momenti di intimità e di eros tra
i due protagonisti. Le pagine della danza del ventre eseguita da Fragalà
davanti all’estasiato Lord Alfred e il conseguente rapporto sessuale che ne
scaturisce sono di straordinaria bellezza. Sembra di vedere veramente Fragalà
con il suo reggiseno di raso rosso tempestato di perle che le esaltano il
seducente seno e la sopracintura di raso giallo
che irradia e abbraccia le anche ed esibisce con complicità la nudità
dei fianchi e del ventre, mentre il
lungo velo rosso gioca in maniera
provocante a nascondino con le statuarie e nervose gambe … il tintinnio dei
ninnoli d’oro alle caviglie enfatizza
ogni minimo movimento in sincronia con i lunghi ed ondulati capelli che avvolgono
le spalle marmoree. E poi a suon di liuto e di tamburo: la danza! E dopo la
danza: l’eros! Eh sì, è proprio una visione: un sogno! Un sogno che ogni uomo
vorrebbe fare.
“La regina ribelle” è un
racconto delizioso, una perla di letteratura. Con questo sogno, il maestro
Lacagnina ti prende per mano e ti porta all’ultimissimo piano del grattacielo
più alto che si trova nel cuore della fantasia. Dopo avere attraversato il
labirinto dei suoi ventricoli e aver provato l’inebriante vertigine delle
possibilità, sentirai una dolcissima musica senza note provenire direttamente
dal pentagramma della vita: è il palpito dell’immaginazione che scandisce il
suono del silenzio. Qui tutto può avvenire, anche di diventare una formica
regina! In questo bellissimo racconto Nino Lacagnina svela un po’ il segreto
della sua arte di scrittore. Così come nella scultura egli plasma e modella la
materia, con la scrittura plasma e modella una conoscenza scientifica o storica
che sia. Sempre sorretto, in entrambe le arti, dall’idea che ha concepito con
la testa e con il cuore. La fantastica storia della formica regina ribelle è il
risultato creativo di un artista sensibile che conosce benissimo sia le leggi
dell’uomo che quelle della natura. Le specifiche nozioni utilizzate riguardanti
l’entomologia sono servite come inedito palcoscenico dove rappresentare
un’originalissima e commovente storia d’amore. La trama di questo
sogno-racconto è così bella che si presterebbe benissimo come soggetto
cinematografico, un po’ come il romanzo “La gabbianella e il gatto” di Luis
Sepùlveda che è stato portato sul grande schermo da Enzo D’Alò.
Con “Aldilà la luce” inizia
la parte del libro che raccoglie i “Sogni di vita reale nelle zolfare”. Da
questa pagina in poi, caro lettore, Nino Lacagnina ti offre uno scrigno
traboccante di ricordi ad occhi aperti. E’ il colpo di scena dell’artista: dopo
i due racconti fantastici il testo vira verso una commovente narrazione
autobiografica. Qui i personaggi sono reali, anche se molti non sono più
residenti in questa nostra dimensione che chiamiamo esistenza. La realtà
onirica collegata ai ricordi, agli affetti e ai numerosi ed embricati
sentimenti d’amore, di amicizia, di giustizia ha messo nell’anima dell’autore
degli occhiali in grado di guardare attorno e dentro di sé attraverso la luce
proveniente dall’aldilà. Se tu, caro lettore, riuscirai ad aprire il tuo cuore e a fare entrare un po’ di
quella luce sulle pagine che hai davanti ai tuoi occhi, assisterai alla magia
dell’arte della comunicazione: sulla tua pelle sentirai allora tutta la gamma
delle emozioni che un uomo possa provare. Rabbia e tristezza per le incredibili condizioni in
cui erano costretti a lavorare come schiavi i “carusi” e i minatori nelle
viscere della terra. Rancore e amarezza per le tragedie consumate dove hanno
perso la vita una miriade di zolfatai e continuano a perderla ancora oggi un
sacco di persone a causa dei tumori causati dalle scorie radioattive seppellite
nelle miniere dal business gestito dalla mafia e dai servizi segreti. Dolore
profondo per la dolce Paoletta, la nipote diletta del maestro Lacagnina morta
di cancro lo scorso anno dopo atroci sofferenze. Nostalgia dei vecchi tempi
rievocati grazie alla recente conoscenza di un ex studente del glorioso
Istituto “Sebastiano Mottura”. Tenerezza e gaiezza per i premi speciali che i
vincitori della lotteria della scuola consumavano presso la benemerita Lidia
tenutaria della casa chiusa di via Tommaso Tamburini. Gioia e soddisfazione per
aver superato brillantemente, grazie al sapiente utilizzo della bussola, le
difficili prove del primo incarico di lavoro nella miniera Baccarato di Piazza
Armerina. L’orgoglio tirato fuori dai lavoratori della miniera accusati da una
commissione di tecnici inglesi di lavorare poco e lentamente. La forza di
volontà espressa dall’autore quando giurò a se stesso che non avrebbe mai costretto la moglie a vivere nel
difficile luogo di lavoro della miniera e la conseguente gioia per aver vinto
il concorso all’Ispettorato del Lavoro. L’amore candido e puro per zio Peppe e
zia Annita protagonisti di tanti momenti indimenticabili che hanno reso dolce
con piccole attenzioni anche i periodi più amari della vita. Bellissima la
descrizione dello zio Peppe – cuoco sopraffino - a Milano impegnato a procurarsi la verdura
per preparare piatti che gli rievocassero i sapori della sua Caltanissetta: “Sin dal primo mattino (lo zio Peppe),
scandagliava i mercati rionali. Aveva scoperto una certa bieta di quelle parti
che lessata e poi saltata in padella dava l’idea dei nostri ‘spinaccioli’ e
così, quando riusciva a procurarseli, mi telefonava annunciandomi che
l’indomani sera sarei stato loro ospite. Quando giungevo a casa loro … si
chiacchierava del più e del meno sino a quando zio Peppe compariva trionfante
con una sperlonga di spaghetti fumanti conditi con gli spinaccioli milanesi.
Non ricordo con esattezza il loro gusto, ma assicuro tutti che l’effetto che mi
procuravano era quello di sentirmi a casa mia, nella mia Sicilia. … Lui
vedendomi così soddisfatto, mi diceva: ‘sti pulintuna, non capisciunu nenti
(questi mangia polenta, non capiscono niente); ogni volta che cerco e acquisto
la verdura, mi chiedono se in casa ho qualche animale. Io dico che ho una
capretta e così mi lasciano in pace”. Anche l’emozione che proviene dall’esperienza
del grande mistero della vita e della morte è legato a zio Peppe. Un profondo e
coinvolgente dialogo fatto in sogno con il suo adorato parente rimasto sospeso
tra la vita astrale e la grande luce offre all’autore la possibilità di
scrivere sull’arcana geografia dell’esistenza. Dove non c’è posto per la morte,
ma solo per altre forme di vita. E a colei che ogni umano teme, riuscirà a
convincerla a fargli visitare la “Città delle Meraviglie”. La città dove potrà
incontrare tutti i suoi cari che lo hanno preceduto nel viaggio e che lo
accoglieranno organizzando una festosa rimpatriata. Nell’attesa, il sentimento
della morte è affrontato con onestà intellettuale e con la forza struggente ed
evocativa della poesia in compagnia degli amici Angelo e Vincenzino, del
fratello Lello e dello zio Peppe. Come vedi, caro lettore, il libro che stai
per leggere è particolare, particolarmente bello perché è il “libro aperto” di un uomo che ha sempre vissuto sognando l’arte, l’amore e
la verità.
Salvatore Farina
Caltanissetta, 15 Dicembre 2012
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